giovedì 29 marzo 2018

Quando la notte (2011)


Estate. Marina, sposata e con un bambino piccolo, arriva in montagna per trascorrere un mese di vacanza con lui. La casa in cui alloggia è fuori dal paese ed appartiene al solitario e cupo Manfred, guida alpina. Il piccolo piange e non dorme esasperando Marina. Finché una notte accade qualcosa nel suo appartamento. Manfred sfonda la porta, trova il bambino ferito e lo soccorre. Da quel momento ha inizio una sorta di indagine reciproca: Marina e Manfred hanno dentro delle ferite che cercano inutilmente di nascondere anche a se stessi.
Ci sono dei buoni romanzi che vengono totalmente traditi dalla loro trasposizione cinematografica perché chi ne ha scritto la sceneggiatura non ha compreso il loro significato più profondo. Ci sono però anche buoni romanzi che andrebbero sottratti ai loro autori quando questi sono anche registi. È il caso di Quando la notte in cui la Comencini regista non ha saputo prendere la giusta distanza da un libro che Daria Bignardi ha giudicato "pieno di una tensione che non si placa mai, come in certi amori che fanno male". Qui invece a fare male e a farsi del male è il film che, dopo un avvio promettente, affonda in una progressiva serie di situazioni e battute che suonano come irreali, quando non involontariamente comiche. Pandolfi e Timi mettono a disposizione la loro professionalità ma è come se essi stessi avvertissero il precipizio (siamo in montagna) in cui stanno per cadere. Il tema della maternità, con tutte le crisi che comporta, le piaghe insanabili che l'abbandono incide nella carne di chi lo ha subìto, sono temi che per la prima mezz'ora sembrerebbero aver trovato una loro collocazione nello scrutarsi reciproco di due solitudini esistenziali.

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