"Quanto potrà mai durare la democrazia in questo paese?" Al massimo un
paio d'anni e si torna indietro. È questo quello che pensano ancora le
alte sfere all'indomani della fine di una delle più terribili dittature
del dopoguerra, quella argentina. Ne è certo anche Arquimedes Puccio,
tranquillo e abitudinario padre di famiglia, che riesuma senza scrupoli
l'agghiacciante pratica del sequestro per applicarla ai giovani ricchi
del suo vicinato, per conto terzi e per guadagno personale.
Trent'anni dopo il clamoroso arresto del clan Puccio, Trapero racconta
questa storia stringendo l'obiettivo su Alejandro, il figlio rugbista di
Arquimedes, diviso tra l'obbedienza cieca al patriarca e il dissonante
rumore di fondo della coscienza e di un'età naturalmente rivolta al
futuro. E chi meglio di Pablo Trapero, verrebbe da pensare, dopo che il
regista ha raccontato i peggiori abissi del suo paese riuscendo
nell'arte acrobatica di affondare nel dramma senza mai impastarlo di
retorica. Tutta via questo è un altro film. Non solo non c'è il Trapero
più intenso, ma nemmeno il maestro del montaggio, qui gestito in pieno
stile hollywoodiano, alla maniera di un "Blow" e affini.
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domenica 10 settembre 2017
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