In un avamposto d'alta quota, verso la fine della prima guerra mondiale,
un gruppo di militari combatte a pochi metri di distanza dalla trincea
austriaca, "così vicina che pare di udire il loro respiro". Intorno,
solo neve e silenzio. Dentro, il freddo, la paura, la stanchezza, la
rassegnazione. E gli ordini insensati che arrivano da qualche scrivania
lontana, al caldo. Ordini telefonati che mandano i soldati a farsi
impallinare come tordi.
torneranno i prati, scritto tutto minuscolo come si conviene ad
una storia minima e morale, non è un film d'azione e non ha nemmeno una
trama nel senso canonico del termine, perché i pochi avvenimenti si
consumano come la cera di una candela, dentro una quotidianità sporca e
scoraggiata. Il film di Olmi è una ballata malinconica come la melodia
alla fisarmonica che apre la narrazione, e triste come
Il silenzio, le cui note sono incorporate nel tema finale composto e suonato alla tromba da Paolo Fresu.
torneranno i prati è un film epidermico, che ci fa sentire il
ruggito dei mortai in lontananza, il rosicchiare del trapano che scava
una galleria nemica sotto la trincea, il gelo e la monotonia delle
giornate segnate dal rancio e dalla consegna della posta, unica
occasione in cui i nomi dei soldati vengono pronunciati, riconoscendoli
come esseri umani invece che come semplici numeri.
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